Invitata a un matrimonio: cappello sì o no?
Un accessorio che completa il look e protegge i capelli.
In passato il cappello non era un semplice accessorio, ma indicava uno status symbol. Nessuna donna ne sarebbe uscita di casa sprovvista, consapevole che un cappello scelto con cura avrebbe messo in risalto la sua femminilità e la sua personalità. E oggi? In vista della “stagione dei matrimoni“ ecco alcune curiosità e consigli su questo accessorio!
Matrimonio “en chapeau”.
È questa la formula per indicare sulle partecipazioni che è previsto si indossi il cappello.
Un altro lasciapassare all’impiego di questo accessorio è dato dal fatto che la mamma della sposa scelga di indossarne uno, al punto che nemmeno la madre dello sposo dovrebbe indossare il cappello se non è indossato dalla futura consuocera.
Secondo il galateo poi deve trattarsi di un matrimonio che si svolga di giorno e all’aperto: non è considerato appropriato indossare il cappello nei luoghi chiusi, tranne che in chiesa.
Il tocco in più di cui non devi accorgerti.
Oggi il cappello a un matrimonio non è più un accessorio indispensabile: chi lo indossa deve portarlo con disinvoltura e non ostentarlo, preoccupandosi in primo luogo di sentirsi completamente a proprio agio.
Strutture troppo complicate o imponenti potrebbero non solo risultare scomode, ma anche infastidire gli altri invitati: ad esempio, a meno che non si tratti di cappelli minuti o parte dell’acconciatura, a tavola è possibile toglierlo per non disturbare gli altri commensali. In questo caso, ricorda di avere in borsa un pettinino, per aggiustare l’acconciatura, se necessario.
Prezioso per il look ma anche per i tuoi capelli.
Proprio perché ammesso in caso di matrimoni che si svolgono di giorno e all’aperto, il cappello diventa oltre che un accessorio che completa e definisce il look, anche un elemento che offre protezione dai raggi del sole alla chioma e al cuoio capelluto, evitando che i raggi UV contribuiscano a disidratare i capelli o causino possibili fastidiose scottature in corrispondenza, ad esempio, delle scriminature.